sábado, 16 de março de 2019

Unioni civili, l’assegno di divorzio a una coppia di donne gay separate


Assegnati 350 euro alla ex coniuge economicamente più debole. «Applicata la norma sui matrimoni». Si è tenuto conto anche della convivenza pre-unione civile

Unioni civili, l’assegno di divorzio  a una coppia di donne gay separate
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Per la prima volta nel «divorzio» di una coppia dello stesso sesso è stato riconosciuto un assegno di mantenimento a favore del coniuge più debole. Il Tribunale di Pordenone (presidente Gaetano Appierto) ha stabilito che una donna, assistita dall’avvocata Maria Antonia Pili, riceverà dall’ex compagna 350 euro al mese dopo lo scioglimento della loro unione civile. I giudici per determinare l’importo hanno applicato, scrivono, «le medesime argomentazioni interpretative espresse dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 18287/2018» sulla fine del matrimonio. Si tratta del pronunciamento che ha riordinato i criteri per calcolare gli alimenti dopo la rivoluzione portata dal divorzio tra l’ex ministro dell’economia Vittorio Grilli e Lisa Lowenstein, che ha escluso il tenore di vita durante l’unione come unico criterio. La Cassazione ha infatti indicato che si debbano considerare oltre alle «condizioni economico-patrimoniali» degli ex coniugi, il «contributo» dato dalla parte più debole al «patrimonio comune» e la «durata del matrimonio».
Valutata anche la convivenza di fatto
Nel caso delle due donne, i giudici hanno rilevato uno «squilibrio tra le condizioni economico patrimoniali» che è «riconducibile a scelte di vita assunte nel corso della relazione». E hanno ritenuto di valutare anche «la fase di convivenza “di fatto” prima della celebrazione dell’unione civile» perché è stata «identica alle modalità di gestione dell’unione civile» e «la coppia solo con la promulgazione della legge Cirinnà ha potuto “legalizzare” il proprio rapporto», perché prima non esisteva in Italia «una qualsiasi forma di “matrimonio”». Le due donne, infatti, si erano sposate nel dicembre del 2016 ma convivevano more uxorio già dal 2013. «I giudici hanno considerato che prima delle legge Cirinnà le coppie gay e lesbiche anche se si volevano sposare, non potevano farlo — spiega l’avvocata Pili — . Sarebbe quindi sbagliato minimizzare la responsabilità reciproche sulla base della breve durata delle unioni, che spesso arrivano dopo lunghe convivenze. Che invece vanno considerate nel calcolo dell’assegno».

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